Da un mesetto ho saputo dell'esistenza di questo itinerario di downhill e l'avevo messo nella lista delle cose da fare. Essendo un pò corto, è un pò che pensavo come arrivarci al rientro da un giro più lungo. Poi, finalmente è arrivata questa nevicatina che ha costretto i bikers a quote più basse. Questa mattina avevo qualche dubbio: che sia il caso di sciare? Poi ho sentito parlare di vento in quota e brutto sulla cresta di confine (unica zona dove si può tentare di sciare) e ho deciso ancora per la FAT. (Almeno, questa volta, visto che in ogni caso, fossimo arrivati anche in cima all'Altissimo, il dislivello sarebbe stato intorno ai 2000, non la FAT elettrica.). Alla partenza a Mori è più freddo dei giorni scorsi, ma c'è circa 1 °C, niente a che vedere con i -6°C dell'ultima volta che sono stato da queste parti. Sulle rampe di Sano, Castione e Festa sono salito con calma senza troppo rimpiangere il motore, anzi, mi sentivo abbastanza in forma con il fresco e l'aria asciutta.
Altro sito dove si trovano in formazioni sulla val del Diaol. Il video rende poco l'idea di quanto sia sconnesso il tracciato. O hanno tagliato i tratti più impegnativi (non si vede la temibile passerella), o, col tempo il sentiero si è dilavato mettendo a nudo le rocce.
A Festa, quasi 900 metri la prima spolverata di neve e, più in alto, sull'Altissimo, sembra decisamente troppa: scartiamo anche l'idea di salire fino al rifugio Graziani e attraversare al Campei. Optiamo per la Brentegana.
Lo Stivo, con a sinistra il rifugio Marchetti, finalmente bianco.
Sul versante nor dell'Altissimo la neve era quasi troppa e, in salita, si faticava non poco ad aprire la traccia.
L'inizio del mitico sentiero con la neve presenta qualche tratto troppo impegnativo per le nostre capacità. Claudio, comunque, si dimentica che tra 20 giorni avrà 60 anni e supera in velocità una passerella di legno inclinata e sporca di neve ghiacciata che io, più conservativo, aggiro a piedi. (anche il passarci a piedi mi fa pensare di scivolare dai 2 metri della passerella schiantandomi sui sassi sottostanti)
Poi, abbassandosi, la neve scompare e con le rocce più asciutte ci fidiamo di più e prendiamo confidenza.
I tratti rocciosi sono intervallati da qualche tratto più scorrevole.
Si arriva in fondo abbastanza provati di braccia e spalle. Claudio, entusiasta, valuta la batteria residua: che ce ne sia abbastanza per risalire e fare un'altro giro? Per questa volta ci accontentiamo, ma ritorneremo senza neve e con terreno asciutto.
Bel sentiero, ma decisamente molto più impegnativo dell'Holly Hansen della val Venosta e, se affrontato a velocità sostenute, anche molto più pericoloso.
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