E’ dall’anno scorso, quando abbiamo fatto la cima Cavaion,
che avevo in mente di salire questa cima ben visibile dal classico itinerario
monte sole – Villar. Poi, per dar maggior prestigio all’itinerario, ho visto
che quest’anno l’ha fatto anche Luca Dallavalle. (E questo mi ha fatto pensare
che, forse, non avevo considerato con attenzione le difficoltà). Dopo la pala
dell’Oscivart e varie notizie di firn a sud, ho pensato che era arrivato il
momento giusto. E in effetti, la strada che porta in val Maleda inizia già ad
avere qualche discontinuità: la già poca neve, con questo caldo, se ne va a
vista d’occhio. Più in alto, invece, la neve non era completamente trasformata
e c’era una crosta non portante che non prospettava niente di buono per la
discesa. Al sole in breve il caldo è diventato quasi estivo: sono arrivato in
maniche corte fino al passo a oltre 3000 metri. Ancora più in alto il vento
aveva indurito la neve che è diventata portante ma le pelli fradice facevano
uno zoccolo enorme e non è servito a niente sciolinare. Prima del passo si vede
la cima con la croce, lontanissima nella calura. Decidiamo di andare al passo e
provare a salire la cresta sud. A prima vista sembra inaccessibile ma, girando
sul versante di Pejo, si vede un canale stretto e ripido che pare arrivare in
cima. Salgo con ramponi e picozza e a metà si fa sempre più ripido e ghiacciato:
spero di trovare un’altra via per la discesa. Sbucato in cresta si prosegue con
facilità ma si forma uno zoccolo enorme sotto i ramponi che mi costringe a
toglierli. Bellissimo il panorama dalla cima ma siamo un po’ preoccupati per la
discesa. L’altro versante, in pieno sole, è troppo mollo per scendere con i
ramponi e ho paura che scarichi. Dobbiamo rifare il canalino di salita.
Stefano, per fortuna, ha 2 picozze. Io mi devo arrangiare con una. Nel
frattempo il sole ha girato e il canalino è in pieno sole: bisogna fare in
fretta. In qualche modo riusciamo a scendere: dove non c’è ghiaccio i ramponi
si impestano di neve bagnata e non danno molta sicurezza. Al passo riprendiamo
gli sci. La prima parte della discesa, scegliendo con attenzione le placche
ventate, è quasi pista. Dopo c’è un tratto pesante ma ancora sciabile. Sotto la
malga è già all’ombra e ha già iniziato a gelare: la sciata è di pura sopravvivenza
su croste orribili: in qualche modo raggiungiamo la strada e alla fine
arriviamo in fondo, provati ma soddisfatti. (non di certo per la sciata)
Sopra la malga calura insopportabile
La cima nel caldo e con uno zoccolo enorme sembra lontanissima
Sopra la cresta sud, sotto il Gran Zebrù
Sopra l'Ortles e sotto il Vioz
Sopra il Cevedale, sotto il Palon della Mare
Il rifugio Mantova al Vioz
Il Canalino che permette di aggirare un gendarme della cresta
Il lago del Careser
Più in basso il Cavaion: sullo sfondo Presanella e Adamello
La Cresta sud dal Passo: il canlino è nascosto dalle rocce
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