Il monte Grappa, è famoso per gli
eventi della prima guerra mondiale e, quindi, è anche un terreno ideale per la
mountain bike per i numerosissimi sentieri arditi sentieri sia sulle creste che
sulle ripide pendici delle valli che lo circondano. Inoltre, nelle giornate più
limpide, si dovrebbe addirittura vedere il mare(non ci sono mai riuscito).
Quindi, una meta da non perdere. Il
nostro giro parte da San Nazario in Valsugana e, per arrivare alla mulattiera
individuata per la salita ci tocca fare oltre 20 km di asfalto su strada in
parte trafficata non proprio edificante fino ad un santuario a monte di
Crespano. Da qui iniziano oltre 10 km di strada militare piuttosto sconnessa
che con circa 1000 metri di dislivello ci fanno arrivare in cima già piuttosto
provati. Fa molto caldo e non siamo più abituati: il calore, però, ci fa
faticare in salita ma non è male per una bella pausa pranzo al sole al rifugio
sotto il Sacrario militare. Pensando che le fatiche siano finite, ci attardiamo
un po’ troppo. Poi perdiamo tempo a visitare il sacrario e ad individuare il
percorso di discesa e, dopo un’interminabile serie di colline da risalire,
arriviamo ad affacciarci sull’abisso della Valsugana alle 16 e 30, con ancora
solo un’ora di luce. Le indicazioni sono piuttosto scarse e un pò con la
cartina e il Gps, un po’ ad intuito arriviamo ad un maso dove ci umiliamo
addirittura a chiedere la strada. Una signora ci dice che esiste un sentiero
che scende a valle, ma assolutamente non è da fare in bici. Poi però ci dice
anche che lo fanno in moto e allora ci viene qualche dubbio sulla sua capacità
di giudicare un sentiero e, senza perdere tempo ci lanciamo lungo il 936 (Bobo aveva trovato una relazione sul
sentiero 36, ma devono aver cambiato la codifica). All’inizio è piuttosto
sconnesso ma mai difficile (soprattutto per le gomme della FAT), poi il fondo
si fa più solido e sicuro. Un percorso esaltante(forse il Vegano non condivide
questa opinione) con infiniti tornantini tutti fattibili in sella per oltre
1100 metri di dislivello! Nell’ultima parte si fa davvero buio ma riesco a
proseguire tranquillamente grazie al mio super-frontale che illumina a giorno
il percorso.
Un altro grande giro: un po’ impegnativo
(anche perché forse non avevo ancora recuperato del tutto la faticata di due
giorni prima), ma fantastico. Da ripetere: forse la prossima volta riuscirò a
vedere il mare!
Qui facciamo la nostra buona azione: forte della pratica fatta a riparare 7 volte la catena nel giro del Caplone, in un attimo riparo la catena di un ciclista da strada che l'aveva rotta.
Il santuario alla base della salita sterrata.
La dieta vegana non è sufficiente a rimediare ai danni da ripresa del lavoro: due anni fa saliva i canaloni ghiacciati correndo come Uli Steck, adesso spinge anche su pendenze più che abbordabili arrancando dietro 3 anziani.
Sopra il panorama in direzione di Belluno, sotto le vette feltrine e, dietro, le Pale
Il sacrario degli alpini: sopra l'alpino, sotto l'obiettore.
Dalle nebbie spuntano i colli Euganei
Cima Cece
Cima d'Asta
Il Totoga e l'imbocco della val Cismon
Verso Asiago
Il monte Asolone, l'ultima rampa.
E a sera, con le ultime luci, iniziamo la discesa che da sola vale tutte le fatiche del giro.
Tratto sconnesso da FAT
Vegano in gravi difficoltà.
E concludiamo il giro alla luce dei frontali come ormai d'abitudine.
Particolare della fantastica discesa in Valsugana
Qui la traccia GPS
giro veramente stupendo dove non manca proprio niente. Per me diventerà, come dici tu, una classica da fare ogni anno. Grazie ciao Aldo Pergine
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