Il confine fra un’impresa e una cazzata è molto poco
definito e soggettivo. In questo caso, comunque, non ho corso grandi rischi (mi
sono assicurato e, alla peggio, avrei dovuto abbandonare la bici), non ho fatto
troppa fatica (sorprendentemente) e mi sono divertito e, quindi, dal mio punto
di vista è stata un’impresa. L’idea è nata l’anno scorso, dopo aver salito la
ferrata durante l’interminabile discesa dal versante nord verso le gole del
Limarò per verificare la possibilità di scendere il sentiero n.427 in bici. Anche la discesa consigliata verso
sud e poi per un tratto ripido (sentiero n. 426)con cordini verso la valle del
Sarca è di una lunghezza spaventosa. Forse l’idea più furba è farsi venire a
prendere sotto il rifugio da un taxi (il numero per chiamarlo è in bell’evidenza
sulla facciata del rifugio), ma questa mi sembrava una soluzione dispendiosa e
poco elegante. Senza dubbio il modo migliore per tornare alla base sarebbe in
volo con un parapendio ma, purtroppo non ho mai imparato e, quindi, non mi
restava che il rientro con la mountain bike. Da parecchio tempo ero alla
ricerca di un compagno abbastanza stupido da impegnarsi nell’avventura (in caso
di qualsiasi problema è sempre meglio essere in due) ma nessuno era attratto
dall’idea. Poi, con l’arrivo del freddo, e quindi di grossi limiti alla
piacevolezza dei lunghi giri in bici, ho pensato di realizzare l’impresa da
solo. Dopo un’oretta passata in garage a studiare come caricare la bici sullo
zaino mi sono sentito pronto. Sono andato sotto la parete con il furgone , mi
sono messo lo zaino in spalla e via. Ho incontrato 2 austriaci che andavano ad
arrampicare e all’inizio mi è dispiaciuto non avere compagnia, poi ho concluso
che meglio solo che con qualcuno davanti che avrebbe potuto farmi cadere
qualche sasso in testa. In 20 minuti sono arrivato ai primi cordini senza
troppa fatica e ho subito visto che, con calma e con un po’ di attenzione a
scaricare il più possibile il peso sulle gambe, riuscivo a procedere ad una
velocità accettabile con un onesto dispendio di energie. In un’ora ero già
sopra l’ultimo grande terrazzo dove iniziano le grandi placche: quasi 500 metri
di dislivello. Mi sono mangiato l’unica arancia che sostituiva l’acqua (che non
ho portato per contenere il peso) per attenuare a sete e ho posato lo zaino per
rilassare le spalle già un po’ provate. Poi, per fortuna la parete è passata in
ombra e il caldo e la sete non si sono più fatti sentire. Procedevo in modo
regolare e quasi sempre assicurato: non so se sarei stato in grado di tenermi
su con il peso della bici in caso di qualche scivolamento imprevisto e ho
pensato di evitare rischi inutili. In poco più di due ore ero già al libro di
via e avevo superato tutta la parete. Rimanevano un lungo tratto di roccette
rotte, mughi, tratti franosi elementari normalmente ma piuttosto laboriosi la
bici sullo zaino. Rimaneva un passaggio proprio poco sotto i prati finali che
mi impensieriva: una specie di camino, relativamente stretto e strapiombante,
banale con un piccolo zainetto, ma un punto di domanda con un carico che sporge
da tutte le parti e di peso non trascurabile. Era qui che potevo aver bisogno
di aiuto o che avrei potuto dover abbandonare la bici (proprio in vista di
questa eventualità ho utilizzato una bici molto leggera ma vecchia di 20 anni) o
inventare qualche strana manovra per recuperarla. Invece anche sul camino, dopo
aver studiato attentamente come stare il più possibile all’esterno scaricando
il peso in spaccata, sono riuscito a salire con ancora un buon margine di forza
nelle braccia. Poi è stata solo una passeggiata con lo zaino pesante e in
neanche 3 ore e mezza avevo superato i 1400 metri di dislivello della salita al
Casale. E’ stata dura ma il pensiero di scivolare a valle in sella invece che
scarpinare per l’infinita discesa mi ha subito ripagato. Poi la discesa non è
stata così piacevole: il freddo che non avevo percepito in salita si è fatto
subito sentire e, nonostante il piumino di primaloft e i guanti da moto, già
alla fine della rampa cementata avevo le dita congelate e ho dovuto usare il vecchio
trucco di mettere le mani sui cerchioni scaldati dai freni per riprendere
sensibilità. Ad ogni modo, bello fresco, ma in meno di un’ora ero al furgone più
che soddisfatto della giornata. Con questo nuovo modo di trasportare la bici,
enormemente più efficiente che portare la bici intera in spalla, si aprono
nuovi orizzonti di incredibili traversate.
Chissà com’è con la FAT …..perchè con la vecchia mtb 26" con le gommette da 1,9 le possibiltà in discesa sono piuttosto contenute.
Notte di luna piena e una stupenda alba gelida.
Notte di luna piena e una stupenda alba gelida.
La parete riscaldata dal sole alla partenza. In valle fa molto freddo ma al sole mi scaldo subito anche troppo: è assolutamente sconsigliabile ripetere la mia esperienza quando non fa freddo.
Sulle rocce del primo sperone
Panorama verso Toblino e, sotto la mia ombra con super zaino.
Soddisfatto per essere arrivato in perfetta tabella di marcia alle ultime placche.
Pausa per riposare le spalle sotto la cassetta del libro della via. Sotto al centro si vede la croce della cima: è quasi fatta.
I dolci prati del versante opposto contrastano con la parete appena superata.
Verso la val d'Ambiez e il Ghez
Zoom sulla parete d'Amiez: ingrandendo si riesce ad individuare il rifugio Agostini.
Molveno e il lago.
Cornetto e Doss d'Abramo
Carè Alto sopra e Crozzon di Lares sotto.
La bici rimontata e pronta per la discesa. Per legarla sullo zaino minimizzando l'ingombro avevo tolto ruote e sella.
Il fondo del Garda e il rifugio Don Zio
La parete in ombra all'arrivo.
speriamo che arrivi presto la neve, ti stanno venendo idee sempre piú "bizarre" sulle gite da fare ;-)
RispondiEliminaSperiamo, l'astinenza da "polvere" gioca dei brutti scherzi ...
Eliminatralasciando che secondo mi "te ghai dei problemi" non ti ho detto che l'altro giorno sullo stivo ho fatto la passeggiata assieme ad un tipo di arco che l'ha fatta come te un paio di anni fa. come vedi non sei l'unico mona!
RispondiEliminared
Ormai è impossibile fare una prima .....forse avrei dovuto farla in canoa ....
Eliminaposso solo aggiungere no comment ...
RispondiEliminasempre meglio che 8 ore in ufficio: in fondo me òa sono cavata in 4 ore e 30!
EliminaPoi c'é sempre qualcuno più pazzo di me: http://mtb-dolomiti.blogspot.it/2015/11/SummitRide-PlattkofelSassopiatto.html#more
Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre è impossibile il contrario . MVdH
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