giovedì, ottobre 19, 2017

Selvaggio Blu - terza tappa

Ci alziamo disturbati dai preparativi degli svizzeri e, dopo una colazione approssimativa alla luce dei frontali, non appena ci si vede abbastanza, partiamo stracarichi. Mi sento in forze e sorpreso di come sopporto un carico di almeno 5 kg superiore a quello che la sera prima mi aveva rotto le spalle. Gli svizzeri leggeri sono stati più veloci di noi e ci fanno perdere una mezzora in un camino esposto alla caduta di sassi dove arrampichiamo assicurati con la corda. Dopo aver superato anche una parete con una caratteristica scala realizzata con delle tacche in un tronco di ginepro, saliamo rapidi per quanto permettono i carichi ma non riusciamo a recuperare la mezzora di vantaggio degli svizzeri con guida.
Arrivati sul colmo ci lasciamo entusiasmare da un sentiero troppo bello per essere di Selvaggio Blù e, dopo un bel pò ci accorgiamo di essere sulla via per cala Mariolù. Dobbiamo ritornare sui nostri passi e, con l'aiuto del GPS, ci riportiamo in traccia. Si prosegue per creste con fantastiche visioni sul mare fino a scendere per una stretta gola e poi per tracce più evidenti fino al punto della prima calata. Secondo la guida avrebbe dovuto essere di 30 metri, invece, buttando una corda ci accorgiamo che penzola nel vuoto. Con due corde da 60 m, per fortuna si tocca il fondo. Scende prima Red, poi caliamo i sacchi, poi Gian (deve essere una delle sue prime doppie: l'ideale iniziare con quasi 60 m nel vuoto), poi tocca a me. Dopo un'ulteriore occhiata agli ancoraggi, all'imbrago e al discensore inizio la calata scendendo regolare, senza fermate, per la paura che il discensore sempre più caldo danneggi le corde. In tanti anni forse la doppia più impressionante: 55 m calando nel vuoto a picco sulle scogliere a 4 - 5 metri dalla parete.  Poi scopriamo che abbiamo sbagliato strada: cercando meglio c'era anche l'ancoraggio per la doppia da 30 metri, però, è stato bello. La doppia successiva è più normale. Sotto un grande tetto una sorpresa: sotto una stalattite gocciolante hanno piazzato un imbuto e un bidone per raccogliere l'acqua: intorno non si vedono tracce di capre e maiali e, quindi, proviamo ad assaggiare: acqua fresca meravigliosa. Rischiando una dissenteria, prima con moderazione, poi a sazietà beviamo tutti e tre e, poi, riempiamo anche le bottiglie già svuotate: adesso abbiamo più margine per raggiungere il secondo deposito a cala Sisine.  Poi, con un traverso su cengia stretta bassa(particolarmente impegnativa con l'ingombrante zaino sulle spalle che costringe a strisciare) ed esposta, si entra nel vallone del Bacu Mundaloru dove un'enorme frana ha riempito la valle creando una spiaggetta dove riusciamo anche oggi a fare un bagno ristoratore. Prima per una ripida frana e poi per boschi sassosi saliamo verso il Bruncu d'Urele. Visitiamo un grottone concrezionato e poi un secondo dove ci accorgiamo di essere di nuovo fuori traccia. Inizia ad essere tardi e, per evitare di passare una notte sui sassi, decidiamo di fermarci. Le previsioni danno acqua ma il cielo è sereno e decidiamo di dormire in cresta, per goderci l'alba del giorno successivo. Tira un pò di vento umido e, dopo una cena vicino al fuoco, ci infiliamo nel sacco a pelo inumidito e mi addormento sotto un'incredibile stellata. Ogni tanto apro gli occhi e vedo stelle cadenti e bagliori di lampi lontani. Inizio ad abituarmi a dormire sul duro.


 Risveglio sopra cala Goloritze



 Oltre agli ometti e alle pietre sugli alberi, nuovo tipo di segnaletica






 Attesa al primo passaggio inpegnativo

























 Un errore ci porta a vedere questo arco






































































 La doppia di quasi 60 metri nel vuoto













 Bidone di acqua "potabile"






















 Anche oggi un bel bagno






























































 La grotta che ci riparerà dalla pioggia nella notte










Qui la traccia Wikiloc

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