mercoledì, marzo 18, 2015

Portule: l'ultima sciata


Ero molto scettico su una gita partendo da Sella Valsugana quest’anno di neve non proprio abbondante, però, vista la numerosa e buona compagnia, visto che era un posto che finora avevo considerato solo terreno da mountain bike, ho deciso di accettare. Ho riempito il ginocchio sempre meno a posto di crema verde (antinfiammatorio per uso veterinario col quale da anni curo ogni dolorino) e ho deciso di ignorare i segnali sempre più evidenti che mi arrivano da ormai un paio di mesi. Alla partenza c’è il prato innevato: meno male: ero molto preoccupato per una lunga camminata in discesa: il mio ginocchio per ora non ha dato problemi ne in salita ne a sciare ma camminare in discesa …. Si sale per una lunga forestale tra i faggi con un clima nebbioso e umido. A brevi tratti la neve è sparita e si deve togliere gli sci. Poi la forestale finisce e si sale per un bosco nebbioso seguendo i segni rossi di un sentiero su neve fradicia appena sufficiente per scendere senza danni. Dopo la baita Lanzola, imboccato un canale in cui spuntano radi arbusti tenuti bassi dalle valanghe degli anni più abbondanti di neve, si intuisce che stiamo per sbucare dalle nebbie e che sopra ci sarà il sole. La neve è abbondante e c’è un po’ di crosta che non fa pensare ad una gran sciata. Siamo in tanti ed evito di tracciare: rompere la crosta mi dà fastidio al ginocchio. Poi la pendenza aumenta e la neve si fa sempre più abbondante. Salgo dietro un ragazzo per fortuna troppo più forte di me per potergli dare il cambio: provo ad allungare il passo per un minimo di dignità ma, anche in traccia, il distacco aumenta. Ad ogni zeta il ginocchio si fa sempre più dolorante ma proseguo lo stesso affascinato dall’ambiente e senza pensare che il canale è ripido e molto carico. Se ne rende conto anche il tracciatore che rallenta per riflettere sul da farsi. Guardo la situazione: siamo tutti allineati lungo le zete della traccia: se parte una valanga ci travolge tutti come birilli. Mi ricordo che non ho nemmeno acceso l’ARVA. Mi fermo ad accenderlo: se non lo uso oggi posso buttarlo via. I bastoncini affondano quasi completamente nel pendio e, alle ultime zete, la neve fa delle crepe. Strano, l’ultima nevicata doveva essere di pochi cm: probabilmente i bastoncini affondano anche nella nevicata precedente che è di qualche settimana e quindi sicuramente consolidata. In base a queste considerazioni  decidiamo di proseguire, ma uno alla volta, per non caricare il pendio. L’instancabile e coraggioso tracciatore fa l’ultima decina di zete e arriva senza problemi alla forcella Renzola. La paura della valanga mi ha fatto dimenticare il ginocchio, ma appena riprendo a fare le inversioni sento subito che peggiora ad ogni passo. Alla passo è uno spettacolo: si vede il Verena che emerge da un mare di nebbia e i pendii finali del Portule che non sembra troppo lontano. Un gruppo salito dal versante Veneto sta per arrivare in cima. Alla forcella ci aspettiamo tutti, felici dello spettacolo ma anche sollevati per essere usciti dal canalone. Al sole c’è un caldo terribile e la neve fresca forma uno zoccolo enorme e pesantissimo sotto gli sci. E’ il colpo di grazia per il mio ginocchio: salgo faticosamente gli ultimi 300 metri che in queste condizioni mi sono sembrati più di 1000. Arrivo in cima decisamente provato e dolorante(per soli 1440 metri di dislivello!!!) e mi siedo sullo zaino. Quando mi rialzo sento che il ginocchio adesso fa un male che non ho mai sentito: sono seriamente preoccupato per la discesa: questa volta mi faccio un giro un elicottero (sarebbe stato meglio farlo per un giro in eliski...). Sono così preoccupato che non riesco a godere il panorama fantastico, la giornata perfetta e la bella compagnia: anzi, continuo a pensare che ho chiuso con lo sci e che non li rivedrò più. Dopo un’oretta  in cima con brindisi e le foto di rito, inizia la discesa. Seguo i primi: almeno, in caso di problemi qualcuno mi ripesca. Faccio le prime curve cercando di essere il più leggero possibile: per fortuna la neve è facile: un leggero strato di neve marcia sopra un fondo duro. Senza troppe sofferenze arrivo in un attimo alla porta Kempel. Qui è più stretto e più ripido e si vede un grosso accumulo di neve vecchia e dura. Uso sempre la tecnica di scendere in mezzo al gruppo: cosi mi rompono eventuali croste e mi evidenziano sassi o altre sorprese. Il canale è così bello che mi dimentico il ginocchio e scendo sempre più disinvolto finchè si allarga in un pendio di polvere così perfetta che, anche quasi con una gamba sola, è una sciata fantastica. Incontriamo un veneziano che si è faticosamente tracciato da solo tutto il pendio pregustando la fantastica discesa vergine: deve essere stato un duro colpo per il povero diavolo veder spuntare dall’alto ben 15 sciatori che gli arano tutto il canale, in un giorno lavorativo, in un posto dove, forse, non se ne vedono così tanti in tutta la stagione.
La discesa prosegue così bella che dimentico il male e me la godo tutta sciando come se fossi perfetto. Più in basso la neve si fa sempre più pesante ma, con una sciata più conservativa e qualche pausa più del solito, scendo ancora dignitosamente . Nei pressi della baita Lanzola la neve si fa pesantissima e i numerosi arbusti costringono a traiettorie più precise e più dolorose. Dopo una pausa alla baita affrontiamo il tratto di bosco prima della forestale, il tratto che in salita mi era sembrato più problematico: c’è meno neve pesante e quindi scendo meglio del previsto. Uno della compagnia rompe a metà un Movement Bond X in carbonio, la versione successiva ai miei. Se succede anche a me chiamo l’elicottero: non ce la farei  a sprofondare fino alla forestale… Quando vedo la strada capisco che ce l’ho fatta. Scivolo tranquillo verso valle. Solo quando devo togliere gli sci per attraversare un pezzo senza neve mi rendo conto che il ginocchio è messo molto peggio del solito. Arrivo al furgone felice per l’ultima grande sciata ma molto preoccupato per le mie future possibilità di sciare. Che senso ha vivere in inverno a Trento se non puoi scivolare sulla neve? Che sia arrivato il momento di trasferirsi  in un posto caldo dove si può andare in bici tutto l’anno? Mentre bevo la birra guardo i compagni di gita con la paura di non poter condividere più una giornata del genere.
Comunque, se fine sarà, ho finito alla grande!



P.S. Dopo una notte di sogni di stampelle, sedie a rotelle e truculente operazioni al ginocchio, prima l’ortopedico e poi l’osteopata mi hanno tranquillizzato: una banale infiammazione di un legamento.
Mi hanno condannato a “soli” 20 giorni di riposo (avevo paura dell’ergastolo).
Adesso devo solo aspettare, scontare la pena, e sperare che abbiano ragione.



Partenza a quota 870 dall'Hotel Legno: qualche metti e togli gli sci sulla lunga forestale di accesso al canale ma, vista l'annata, meglio di ogni aspettativa.
Baita Lanzola


Salita dalla val Lanzoletta






Arrivo a porta Renzola: dal mare di nubi emerge la punta del Verena


Creste del Mandriolo e cima vezzena

La Pala del Portule: noi scenderemo dal versante opposto
Verso Cima 12

Salita molto faticosa per il gran caldo e per uno zoccolo enorme.










Porta trentina







Discesa dal vallone del Kempel





Fin qui polvere fantastica: poi sempre più pesante.






Un Movement Bond X in carbonio del 2014 si spezza a metà: crolla un mito.

Dal basso la porta trentina da dove siamo scesi.


Traccia disponibile sulla pagina della Tracce

2 commenti:

  1. Dai Andrea, riposa e guarisci - la stagione è appena a metà! ;-)

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  2. Fiuuuu.....dai se è solo un'infiammazione te la cavi con poco, un po' di riposo, anche se per te sarà un po' strano... :-)

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